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Anime d’emigranti all’Argot Studio
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Carlo Benso porta in scena all’Argot Studio di Roma il capolavoro di Slawomir Mrozek. Interpreti Maurizio Bianucci e Alessandro Procoli. Fino al 10 febbraio. Gloria Bondi |
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Un sottoscala squallido e buio, dove spesso mancano anche acqua e luce. Solcano lo spazio alcuni grandi tubi di scarico che conducono in quell’inferno i rumori di un mondo diverso, pieno di vita e di energia e le voci di quanti si apprestano a salutare con gioia l’arrivo di un nuovo anno. Due uomini dividono quello spazio in estrema povertà. Sono emigranti senza nome, arrivati da lontano e senza alcuna certezza del ritorno. Due uomini tanto diversi fra loro quanto vicini nel condividere una condizione alienante e povera di gioia. L’uno è un muratore, semplice e incolto, ingenuo e brutale, a tratti animalesco. Accumula denaro e poi lo nasconde in un cane di pezza per poter tornare un giorno a casa, da sua moglie e dai suoi figli. L’altro è un intellettuale colto e nevrotico, capace di essere tanto crudele e spietato quanto sensibile. |
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Di lui non sappiamo molto perché il suo passato è avvolto in un apparente mistero, ma possiamo intuire che è fuggito per motivi politici e vive per scrivere il suo grande capolavoro. Va in scena allo Studio Argot di Roma, per la regia di Carlo Benso, “Emigranti”, capolavoro del polacco Slawomir Mrozek, scritto nel 1974 e manifesto della condizione di quanti vivono lontani dalla propria terra e dai propri affetti.
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“A un certo punto della storia, però – sottolinea Benso nelle sue note di regia – la condizione di emigranti passa in secondo piano per rendere il tema della solitudine e della disperazione in cui sono immersi i due personaggi inevitabilmente universale. La loro storia diventa la rappresentazione emozionante delle nostre illusioni e delusioni, sogni e frustrazione, dolore e felicità, paure e speranze. Qui sta la grandezza dell’autore che sa rendere i nostri sguardi partecipi di una storia che ci appartiene”. Assistiamo così ad un serrato confronto a due che si gioca sul terreno di uno stato d’animo condiviso, ma interpretato in modo completamente diverso. La povertà e l’incertezza, l’abbrutimento del corpo e dello spirito accomunano i due e al tempo stesso li dividono nella quotidiana lotta per la sopravvivenza. Maurizio Bianucci e Alessandro Procoli ci regalano il ritratto di due personaggi dolenti e disperati, teneri e furenti, raggiungendo in alcuni momenti una tensione e un pathos assai coinvolgenti. Ma i due sono destinati a non incontrarsi mai e alla fine resterà solo silenzio. Fino al 10 febbraio. Gloria Bondi |
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