Una donna nella mente

Carlo Alighiero, affascinato dalla pièce intitolata “Una donna nella mente”, l’ha realizzata con una sapiente regia che si avvale della traduzione della figlia Barbara Alighiero per il Teatro Manzoni di Roma. www.teatromanzoni.info
Mariangiola Castrovilli

 

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Essere così disperati, così soli da inventarsi una famiglia altra, diversa da quella che si  ha già e che da troppo tempo non funziona. Come i bambini piccoli che sentendosi per qualche verso abbandonati, inventano l’amico che non c’è, qualcuno su cui poter far conto per essere consolati e coccolati.

 

 

 

Così fa Susan delusa dai 25 anni e più passati con Gerard, pastore protestante noioso ed interessato solo al libro religioso che da lungo tempo sta cercando di concludere.  Ma Gerard non è solo lagnoso e bigotto. Come  carico pendente ha anche una sorella, Muriel piombata per sempre a casa loro, un’odiosa saccente piccola vedova il cui obiettivo oltre a quello di indisporre Susan è cercare di ritrovare in qualche modo il marito defunto. A, già, c’è anche un figlio, che da quanto è dato sapere ha sposato le idee di una non meglio identificata setta a due passi da casa  e che gli ha imposto negli ultimi 24 mesi di non  comunicare con i genitori. Ce n’è più che a sufficienza per mandare nel pallone la più saggia delle creature. La totalizzante desolazione di una sgradevole vita senz’amore, un vuoto affettivo diventato ormai incolmabile, ed un banale incidente, provocato da un rastrello. Ecco gli ingredienti allora per l’invenzione di una famiglia più umana, dove i rapporti possano essere vissuti serenamente, con spazi per la gioia  l’allegria e l’amore, che diventa realtà.
Questo in breve il nocciolo della bella e diversa commedia dello scrittore e regista inglese Alan Ayckbourn, Una donna…. nella mente, accolta a Londra nel 1986 da critiche lusinghiere. In principio Ayckbourn, decisamente schivo e riservato, l’aveva  incentrata su un personaggio maschile, ma rendendosi conto che critici e pubblico avrebbero subito  pensato a qualcosa di autobiografico, decise per una protagonista femminile.

 

L’autore scava così in profondità nell’animo di Susan, fino ad arrivare a metterne l’anima a nudo in una desolazione senza scampo, in un malessere così radicato da accentuare un’insostenibile incomunicabilità.
Il finale è molto lontano da quello che ci saremmo aspettati, Andy affettuoso marito inventato, seduce ancora una volta, dopo 26 di matrimonio Susan, facendo l’amore sul prato nella piovosa notte di dicembre, Gerard, quello legale, porta un ombrello per convincerla a rientrare in casa, ma lei rifiuta mandandolo finalmente al diavolo.
E adesso via ai fuochi artificiali, che arrivano quando all’improvviso la famiglia reale riesce a ‘vedere’ quella di fantasia e, curiosamente, si integrano alla perfezione.
Il premuroso fratello Tony, porta anche lui un ombrello proprio prima che la tempesta si calmi, permettendo al figlio vero Rick di sposare la figlia inventata Lucy, mentre Bill, il medico accetta scommesse su mariti e mogli.
Muriel, la cognata vestita da cameriera che serve champagne agli invitati mentre tutti urlano ‘discorso’ ad una Susan che ormai riparte per la sua …follia reclamando, in un linguaggio ormai solo suo, disperatamente un’ape di dicembre.
Carlo Alighiero, affascinato da questa straordinaria pièce, l’ha realizzata con una sapiente regia che si avvale della traduzione della figlia Barbara Alighiero per il Teatro Manzoni di Roma.
Susan in questa seconda edizione italiana è la bravissima e splendente Elena Cotta mentre Arnaldo Ninchi è il pastore.
Semplicemente perfetto Gerolamo Alchieri nelle vesti del medico che la soccorre dopo l’incidente col rastrello  confessandole poi di essere da sempre innamorato di lei.
Mariangiola Castrovilli