Emilio Isgrò in mostra al centro Luigi Pecci di Prato
Il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, www.centrpopecci.it celebra il ventennale della sua nascita con una retrospettiva-antologica dedicata a Emilio Isgrò, teorico della parola cancellata, con più di 180 lavori che comprendono esempi di tutta la sua produzione, dal 1962 al 2007. Curata da Achille Bonito Oliva e Marco Bazzini, la mostra resterà aperta sino all’11 maggio 2008. Emilia Dodi
Dichiaro di essere Emilio Isgrò, 2008, 400x287 cm, acrilico su tela montata su legno, Collezione Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci
Il Museo Pecci di Pratowww.centrpopecci.it è stato il primo spazio espositivo italiano interamente dedicato all’arte contemporanea. Dopo alcuni anni di stasi, celebra il suo ventennale con un nuovo direttore, Marco Bazzini e una grande esposizione dedicata al teorico della cancellatura,Emilio Isgrò, artista nato come giornalista, poeta e critico cinematografico. Amico di scrittori e musicisti, già nel 1965 dopo l’invasione americana della Pop Art, crea Jaqueline, poesia visiva su tela emulsionata, presente in mostra, che preannuncia il concettuale in Italia, operazione artistica intesa come pura produzione della mente, nata in Inghilterra.
Cancellatura (Ideologia della sopravvivenza),1965 65x50 cm, carta fotografica, Archivio Isgrò, Milano
La poesia visiva era troppo limitativa per quest’artista e la sua idea di arte generale del segno, è teorizzata con il testo Dichiarazione n.1. Nel contempo continua la sua attività di scrittore e curatore di testi, lasciando nel 1969 l’ attività giornalistica. Le sue cancellature, pur concettuali, si differenziano molto da questo movimento in quanto l’artista, attraverso il suo linguaggio arriva all’ironia e non alla glacialità del concettuale inglese. Isgròcancella per rifondare il linguaggio con la formalizzazione di un nuovo concetto, andando oltre l’azzeramento per arrivare all’installazione.
Dichiaro di non essere Emilio Isgrò,1971 installazione per 7 elementi cm 29, 5x21 cad, stampa tipografica su carta, Archivio Isgrò, Milano.
Le sue opere di ispirazione musicale come Semibreve da Haydn del 1972 e Chopin del 1979, entrambe in mostra, sono una cancellazione quasi musicale, una evanescenza che è tipica del suono. Per Isgrò, cancellare è sbarazzare il terreno dell’arte dalla pubblicità, creando un effetto di resurrezione.
Hans Bach, 1985 75x120 cm, tecnica mista su tela montata su legno, Collezione privata, Milano.
Del resto il maestro nella teoria della cancellatura, ha scritto:”Si può scrivere, infatti, per il solo gusto di cancellare con il massimo profitto; mentre la cancellatura è un atto del pensierocompletamente liberato e libero…….Una parola cancellata sarà sempre una parola…..Non è nella negazione o nella interdizione il potere reale della cancellatura, quanto, piuttosto nella sua capacità di aprire le porte del linguaggio fingendo di chiuderle…..”
“Io cancello le parole per custodirle, è un gesto di salvezza”.
L’opera che dà il nome alla retrospettiva “ Io dichiaro di essere Emilio Isgrò” in contrapposizione alla sua opera del 1971 “Dichiaro di non essere Emilio Isgrò”, è un grande lavoro di cm.400x300, che apre la mostra, mentre degli anni’90 e recenti, tra le tante è Mantra siciliano per madonne toscane, installazione realizzata per l’esposizione. Ma tutto il suo percorso artistico ha elementi in mostra.
Il Cristo cancellatore,1968 installazione per 38 libri in box di legno e plexiglass (cm 34x50 cad), Archivio Isgrò, Milano.
Isgrò è stato e resta un artista lineare e non allineato e questo aggiunge un valore particolare alla sua arte, avendo avuto la forza di resistere negli anni nei quali non fu compreso, consentendo, con il suo lavoro, una rilettura degl’anni delle avanguardie, dialogando alla pari con l’arte povera.
Chopin, 1979 installazione-partitura per 15 pianoforti (15 elementi cm 44x60, 5 cad) stampa tipografica su carta Collezione Intesa Sanpaolo.
Una mostra che richiede una disposizione intellettuale, importante per l’educazione del pubblico all’arte contemporanea che a queste forme deve essere iniziato. Emilia Dodi
Trittico della Rivoluzione, 1973, II. Mao Tse-tung, 3 elementi cm 120x200 cad,acrilico su tela, Collezione Brigitte Kopp, Francoforte.