Rappresentazioni graffianti dei sorditi menadri di una Bucarest insospettabile che prende forma sul filo di ricordi che ripercorrono le tappe della vita. Si guarda con un compiaciuto voyerismo dalle finestre di squallide case periferiche, si indugia su lascivi dettagli con sguardo morboso sull’iniziazione alla virilità grazie ad infermiere compiacenti, l’impotente ma affascinata sensazione di assistere allo sgretolamento di un epoca pervasa da una violenza strisciante ed onnipresente. L’ossessiva ricerca di aggettivazioni pompose e altisonanti recano un tono ridondante e barocco al romanzo di Mircea Cartarescu considerato un dei più importanti scrittori rumeni contemporanei troppo occupato ad “abbacinare”, allunga in un torrente verbale una narrazione tortuosa che spesso s’interrompe in risacche di parole stagnanti e superflue. |
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