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Il cratere di Eufronio è tornato in Italia

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Il cratere di Eufronio
e’ tornato in Italia

Scavato illegalmente nel ’71 a Cerveteri, venduto nel ‘72 ed esposto al Metropolitan Museum di New York fino a ieri, dopo lunghe e complesse trattative che hanno visto impegnati Carabinieri, Avvocatura dello Stato, politici e diplomatici, è tornato in Italia il Cratere di Eufronio. Una vittoria dei principi etici.
Laura Gigliotti

 

Il 17 gennaio dopo 37 anni di assenza, di cui molti di trattative, il Cratere di Eufronio è tornato in Italia, restituito dal Metropolitan Museum di New York che avrà in cambio prestiti a lungo termine di opere di grande valore e bellezza. Uno scambio virtuoso favorevole per entrambi, come hanno sottolineato il ministro dei beni culturali Francesco Rutelli e il suo predecessore Rocco Buttiglione, protagonisti in tempi diversi della complessa operazione.

 

E’ un vantaggio duplice per l’Italia che rientra in possesso del mal tolto e promuove se stessa nei maggiori musei del mondo. Prima tappa del Cratere di Eufronio a Roma è stata la sede del Comando dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale a via Anicia. Sono loro che hanno avuto il privilegio di ammirarlo per primi.

 

Il giorno dopo, coperto da un lenzuolo bianco, era al centro della Sala Vanvitelli nella sede dell’Avvocatura dello Stato a via dei Portoghesi. In esclusiva per la stampa e per i dipendenti dell’Avvocatura.

 

Due tappe non casuali visto che “la migliore polizia dell’arte del mondo” come l’ha definita l’ex ministro Buttiglione cui si deve parte delle trattative con i musei americani, può vantare molti titoli di merito per la restituzione. Sono le prove raccolte dai Carabinieri, la scoperta del memoriale del discusso mercante inglese Robert Hecht, il confronto con le immagini della loro Banca Dati, ad aver incastrato i trafficanti.

 

Ed è l’Avvocatura dello Stato che ospita la cerimonia ufficiale, quando la controversia finisce in giudizio, ad aver sostenuto le buone ragioni dell’Italia con la forte voce dell’avvocato Maurizio Fiorilli. A un raggiante Rutelli, presenti tutti i responsabili dell’operazione, diplomatici inclusi, visto che alcune controversie sono state risolte in base a trattative, l’onore e il piacere di scoprire il capolavoro fra gli applausi. Dal giorno dopo, chi vuole annegare lo sguardo nella bellezza, può ammirare (fino al 2 marzo) il famoso vaso al Quirinale. Non si sa ancora dove sarà collocato  definitivamente anche se per ragioni culturali è logico pensare al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Se non il più  importante, certo è il pezzo più lungamente desiderato fra tutti quelli esportati illegalmente.

 

Per anni il suo rientro era rimasto un sogno senza speranza. Il cratere a calice a figure rosse con il trasporto del corpo di Sarpedonte, “quasi una deposizione pagana” (scrive in catalogo il direttore generale per l’archeologia Stefano De Caro), notissimo come Cratere di Eufronio, risale al 515 a.C. circa. Uno dei più bei vasi attici che sia giunto fino a noi, firmato da Euxitheos come vasaio e da Euphronios come ceramografo.

 

Il solo integro dei ventisette dipinti dal pittore greco, il più abile del cosiddetto “Gruppo dei Pionieri”, quegli artisti attici tardo-arcaici che svilupparono per primi la tecnica a figure rosse. Venne asportato nel ‘71, in uno dei 200 mila scavi clandestini che si sono succeduti nel nostro paese, da una tomba etrusca di Cerveteri. Una lunga storia in cui entrano tutti gli ingredienti del romanzo. I predatori dell’arte perduta, i famigerati “tombaroli” che scavano distruggendo ovunque il contesto e vendono i pezzi a commercianti senza scrupoli che a loro volta li passano a mediatori e trafficanti internazionali. Ultima spiaggia i più grandi musei del mondo, europei, americani e giapponesi. E’ quello che è accaduto col Cratere di Eufronio pagato, si dice, 100 mila dollari da Hecht e venduto nel ‘72 al Metropolitan di New York, si dice, per un milione di dollari.

 

La politica volta alla restituzione dei beni illegalmente usciti dall’Italia ed esposti al Paul Getty Museum di Malibù, Metropolitan Museum of Art di New York, Museum of Fine Arts di Boston e al Princeton University Art Museum, ha dato buoni frutti. Le opere rientrate, cui si aggiungono alcune restituite da un gallerista privato, titolare delle Royal Athena Galleries di New York, fanno parte della mostra “Nostoi. Capolavori Ritrovati”, allestita al Quirinale nella Galleria di Alessandro VII Chigi, in mezzo alle pitture realizzate sotto la direzione di Pietro da Cortona e tornate alla luce dopo quasi duecento anni.

 

Ma un’altra restituzione è in vista, anticipa il ministro Rutelli. Anche una collezionista privata, la signora Levy White, farà tornare in Italia una decina di opere di grande valore storico-culturale in suo possesso.

 

E altre si annunciano dal Nord Europa e dall’Oriente.
Laura Gigliotti