Si è aperta e lo resterà fino al 2 marzo 2008 al Palaexpo di Roma, ingresso via Milano, la bella mostra fotografica dell’americano Gregory Crewdson. Curata da Stephan Berg, ha un catalogo Hatze Cantz. Emilia Dodi
Ai media il nome del fotografo-artista americano Gregory Crewdson, nato nel 1962 a Brookling-New York, non può dire molto, ma quest’esposizione che è approdata a Roma, unico luogo italiano, toccando vari Stati, lo farà ammirare per le sue bellissime foto che sono una selezione di tutte le opere del suo percorso artistico.
Molto noto negli USA, dove i suoi lavori sono nelle principali gallerie e in importanti collezioni private, l’artista ha voluto rappresentare non già le grandi metropoli internazionali, bensì la provincia americana, con immagini quotidiane ma anche stranianti, con riferimenti al cinema di David Linch, di una società dove l’alienazione e l’incomunicabilità sono evidenti , cosa già prefigurata dal padre di Crewdson, psicanalista, la cui influenza è confermata dall’artista.
La caratteristica delle sue foto è l’incidenza della composizione, quasi un set cinematografico, e l’impiego delle luci che colpiscono le cose e le persone con un senso di estremo distacco. Tutte le opere sono Untitled, ciascuno le può interpretare per.l’impressione che ne riceve.
La nascita della sua passione per il mezzo fotografico si deve alla sua musa ispiratrice, la fotografa Diane Arbus della quale, bambino accompagnato dal padre, vide al MoMa un’esposizione. Partendo da Hover, serie in bianco e nero, c’è quella delle bellissime foto realizzate in studio Natural Wonder del 1992-97, dove il cerchio che è presente in alcune foto, l’artista lo ha considerato “come una perfetta metafora di un’ossessioneromantica”. Sono 40 eccezionali foto.
Altrettanto interessante è la serie Twilight del 1998-2002, dove Crewdson si trasforma per la prima volta in regista. Questo si evidenzia sempre più nel ciclo Dream House del 2002, dove l’interpretazione è affidata a star cinematografiche come Gwyneth Patrol.
Per concludere, c’è la serie Beneath the roses, dove la realtà di provincia è raffigurata con tutte le sue incomprensioni, le sue inquietudini, la sua staticità e solitudine. Una bellissima mostra, interessante anche per chi non ha ancora compreso quanto con il mezzo fotografico si possa esprimere il sentimento artistico. Emilia Dodi