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Jesus Christ Superstar

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Il ritorno sulle scene
di Jesus Christ Superstar.
Ed è subito trionfo!

E’ approdato a Roma, al Politeama Brancaccio, dopo una tournée nel Nord Italia, Jesus Christ Superstar, prodotto dalla Compagnia della Rancia. Seppur la versione ora è tutta in italiano, non perde affatto la magia di quella che fu presentata anni fa al cinema e poi a teatro in lingua originale. Ottimo il cast, tutti giovani talenti, molto affiatati fra loro. Si fanno notare Simone Sibillano nella parte di Jesus, Edoardo Luttazzi, carismatico nel ruolo di Giuda ed una eccezionale Valentina Gullace in una credibilissima Maddalena. La regia è firmata da Fabrizio Angelini.
Giancarlo Leone

 

Partorito dalla penna di Time Rice, composto da Andrew Lloyd Webber nel 1970 e dal 1971 plurirappresentato a Londra e nel resto del mondo, Jesus Christ Superstar non può che essere incoronato a pieno titolo come l’opera rock per antonomasia. Molte generazioni hanno amato questo lavoro: dai musicofili più incalliti ai critici più rigorosi, che fin dalla prima visione ne sono rimasti conquistati.

 

Dopo i consensi raccolti in mezza Italia (settantamila spettatori nella scorsa stagione), il Jesus Christ Superstar, con i testi italiani affidati a Michele Renzullo e Franco Travaglio, prodotto dalla Compagnia della Rancia è ora approdato al Politeama Brancaccio dove rimarrà fino al 16 dicembre.

 

Negli Anni Settanta sia l’album, voce di Gesù di Ian Gillan dei Deep Purple, che il musical suscitarono reazioni scandalizzate: un dramma rock che racconta gli ultimi giorni di Gesù tormentato da paradisi mentali e di un Giuda deluso dalla scoperta della fragile umanità di chi credeva potesse cambiare il mondo non doveva essere facile da digerire.

 

Nel 1973 arrivò anche il film per la regia di Norman Jewison che contrapponeva un Cristo a tratti debole, interpretato da Ted Neeley, che esortava i suoi discepoli a non preoccuparsi troppo del futuro ma che temeva di essere dimenticato a dieci giorni dalla sua morte a un Giuda afroamericano (Carl Anderson), anche lui vittima del proprio destino e delle ambizioni di qualcun altro. Nell’edizione della Compagnia della Rancia, con la regia di Fabrizio Angelini, non c’è più l’ambientazione fricchettona e siamo ai giorni nostri dove il termine superstar viene dato a chiunque. L’edizione italiana vede Gesù di Nazareth tra i poveri, i reietti, gli scarti della società ricca, grassa del Terzo Millennio. Anche l’ambientazione originale, benché svincolata da termini temporali, ci mostrava il percorso di Gesù in una sorta di contemporaneità marginale che raccoglieva proprio i dimenticati e gli offesi.

 

In questa versione italiana Gesù è interpretato dal bravissimo Simone Sibillano, che resterà sempre vestito di bianco. Nel gruppo degli interpreti spicca la controversa figura di Giuda, interpretato da Edoardo Luttazzi: è impossibile non notare il suo personaggio, in quanto oltre alla bravura recitativa, questo “Giuda” italiano è dotato di una voce incredibile che si impossessa prepotentemente della scena. Sin dall’inizio egli appare come un seguace particolare di Gesù, dal momento che, a differenza della gente che gli sta intorno, Giuda non perde occasione per criticarlo e per mettere in dubbio i suoi atteggiamenti di “redentore degli uomini”.

 

Alla figura di Giuda si contrappone quella della Maddalena, impersonata da Valentina Gullace, con abiti non convenzionali in quanto la si vedrà solo in shorts attillati e top, proprio a testimoniare l’intenzione del regista di voler dare un’interpretazione moderna senza rinunciare, però, alla caratterizzazione dei personaggi e agli stati d’animo presenti sulla scena. Degni di nota anche Andrea Croci, che interpreta Caifa e Lorenzo Scuda, Pilato, che fa il suo ingresso sulla scena vestito da poliziotto moderno. Interessanti e particolari le frustate date a Cristo: egli è piegato su sé stesso, mentre un uomo, dall’alto, batte la frusta colorando la scenografia di un acceso rosso sangue tra le urla disperate del condannato.

 

Ottima la scena della crocifissione: i due rami-nastri bianchi che scaturiscono dal terreno per martirizzare Gesù sono l’efficace simbolo dell’unione terra-aldilà. Le scene di Gabriele Moreschi, i costumi di Pamela De Santi ed il disegno luci di Maneli, sono ad hoc. L’orchestra rock dal vivo, diretta da Giovanni Monti, solo parzialmente camuffata sullo sfondo, valorizza ancora di più lo spettacolo, sottolineandone i vari momenti da quelli gioiosi a quelli più dolorosi. Senz’altro da vedere.
Giancarlo Leone