Edipo Stanco

Il tragico mito di Edipo raccontato da un nunzio plebeo, che ha le fattezze di un’antica maschera fatta di terra e fango e l’energia primordiale dei vulcani e delle maree. Marco Grossi regala un esempio di gran teatro. Dramma riportato alla primitiva concretezza delle origini. Viscerale e travolgente. Da non perdere, fino al 2 dicembre.
Gloria Bondi

Marco Grossi



Una fra le leggende più antiche del mondo - quella dello scellerato Edipo e di tutti i tragici eventi che involontariamente scatenò attorno a sé - torna a teatro raccontata in una forma originalissima e avvincente. Solo in scena, un nunzio plebeo, antenato dello zanni della commedia dell’arte, racconta la vicenda, attingendo al mito e alla tragedia greca e trasformandosi di volta in volta in tutti i personaggi: re, regine, guerrieri e oracoli.

Marco Grossi

Quasi un antico demone eruttato dalla terra, egli ha gli occhi ingenui di un bambino o del popolo, di fronte alle vicende dei potenti. Essere surreale  e fantastico, senza età e senza sesso, egli  è al tempo stesso dotato di una energia primordiale travolgente, che scaturisce dalla terra e guizza nel cielo. Grazie a questa energia egli può plasmare il corpo e la voce, adeguandoli allo scorrere della storia. Può trasformarsi in una continua metamorfosi, può dare corpo  e voce a tutto perché lui è lo strumento attraverso il quale il dolore di una storia tanto antica torna a vivere. Una volta ancora. Marco Grossi, autore, attore e regista, regala con il suo “Edipo stancoun esempio di gran teatro e di straordinario talento.

Marco Grossi


Bellissima, in particolare, l’idea di utilizzare la maschera in scena, “questo prezioso strumento – scrive Grossi - che si è manifestato vivo, in grado di farsi veicolo semplice e diretto di emozioni e sentimenti primordiali e che conserva in sé quella forza superumana che è ancora in grado di spiazzare spettatori sempre più abituati a non stupirsi più”. Una maschera intesa nella sua concezione più antica, andando a ritroso e tornando a “quando essa era ancora la personificazione di un demone che, eruttato dalla terra, correva senza posa lasciando che foglie, rami, fiori, terra, fango si attaccassero al suo corpo. Quel demone, antenato dello zanni della commedia dell’arte, un giorno diventerà Arlecchino – spiega - quei rami e quelle foglie saranno le squadrate ed ordinate losanghe del suo costume. a quel costume preciso e ben codificato ho preferito quello primordiale e su questo ho basato il mio lavoro”.Da non perdere. Fino Al 2 dicembre.Gloria Bondi

Marco Grossi