Dopo l’ottocentesca abbondanza narrativa di Espiazione, Ian McEwan ritorna con Chesil Beach alla concisione che caratterizzava la sua prima produzione letteraria, ma con una tale capacità di introspezione e ampiezza di visione da giustificare una seconda lettura di questo suo esile ma densissimo romanzo. Susanna Battisti
Il fulcro del racconto è la fallimentare prima notte di Florence e Edward, due giovani di buona famiglia, istruiti e ancora vergini. Applicando al racconto le tre unità aristoteliche, il narratore onnisciente stabilisce subito il luogo e il tempo dell’azione che si consuma nel breve arco di poco più di dodici ore. In una calda notte del luglio 1962, Florence e Edward sono colti nell’atto di consumare la loro prima cena nuziale sulla terrazza di un albergo che si affaccia su Chesil Beach.
Ian McEwan
I favolosi anni Sessanta non sono ancora esplosi ma sarebbe semplicistico attribuire al rigore dei costumi il visibile imbarazzo dei neosposi . Sebbene li definisca “ figli di un tempo in cui affrontare problemi sessuali risultava semplicemente impossibile”, il narratore si affretta a precisare che “facile non lo è mai”. Ancora una volta, quindi, l’interesse di McEwan si concentra sul disagio e sui cortocircuiti comunicativi, un interesse che si traduce in attenta osservazione e puntigliosa analisi di quei lati oscuri della fragilità umana che nessuna indagine sociologica può spiegare.
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Stabilite le premesse, la lente d’ingrandimento del narratore si insinua nei pensieri dei due sposi terrorizzati, ognuno per ragioni diverse, dalla prova che li attende. Il carattere dei due personaggi emerge così a tutto tondo nel giro di poche pagine. Florence , ricca e promettente violinista aspira a perfezionarsi nella musica che sembra padroneggiare senza alcuna ansia da prestazione; Edward ha abbandonato l’idea di proseguire i suoi studi storici accettando un lavoro dal suocero e si affaccia alla vita adulta con tanta insicurezza e poche aspirazioni.
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Il secondo capitolo ricostruisce l’infanzia e l’adolescenza di entrambi, offrendo ritratti convincenti dei loro genitori in particolare di Marjorie Mayhew, la madre di Edward affetta da sindrome psicotica. Un passo indietro nella storia che non ha certo la pretesa di risalire alle cause della spaventata inesperienza dei ragazzi, ma che piuttosto rintraccia i gradi di separazione tra i due che la casualità ha provveduto a colmare.
Vulnerabilità e fatalità accomunano tutti i personaggi e sono gli assi tematici della vicenda. Basti pensare che è stata l’improvvisa apertura del portello di un treno a far cadere a terra Marjorie, provocandole una fatale lesione celebrale. La tanto chiacchierata scena centrale del libro che descrive con perizia chirurgica le minime fasi dell’infelice accoppiamento altro non è che una spietata analisi degli effetti che una scelta fatta o non fatta, o che una frase detta o non detta, possono avere sul vissuto di una persona.
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Una scena dolorosa che segna il punto di arrivo e di partenza di due fasi della vita, un traumatico rito di passaggio dall’innocenza all’esperienza. Ipotesi interpretativa sostenuta dal movimento finale del romanzo che passa in rassegna le vite separate di Florence e di Edward da quella notte alla loro mezza età. Nonostante l’economia di parole, la scrittura di McEwan dà forma a tante vite e a tanti mondi ( quello della musica ad esempio è anche chiave di lettura della vicenda) con precisione e rara efficacia espressiva. La ormai proverbiale “freddezza” di Il giardino di cemento o di Cortesie per gli ospiti lascia spazio ad una bilanciata empatia per le sorti dei personaggi che è segno di maturata comprensione dei fatti umani. La padronanza della scrittura permette a McEwan di dilatare i tempi narrativi a suo piacimento. Un intero capitolo per una notte, meno di dieci pagine per una vita intera : l’immagine è sempre perfettamente a fuoco. Susanna Battisti Ian McEwan, Chesil Beach ed.orig. aprile 2007 trad.dall’inglese a cura di Susanna Basso pp. 136, euro 15,50 Einaudi, Torino, 2007.