In esposizione a Torino gli “uomini dalle lunghe barbe”
Si è inaugurata recentemente nelle due sedi di Palazzo Bricherasio a Torino e dell’ abbazia di Novalesa, la mostra da titolo I Longobardi in Italia. Dalla caduta dell’Impero all’alba dell’Italia. La manifestazione, curata da Gian Pietro Brogiolo, è stata realizzata con il contributo della CRT, la collaborazionedella Provincia di Torino, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e non per ultima della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte. Il doppio appuntamento che si concluderà il 9 dicembre a Novalesa ed il 6 gennaio 2008 a Torino, analizza il periodo che intercorre tra il 400 d.C. ed il 700 d. C., quando dalle ceneri dell’Impero romano d’occidente sorgono le nuove dinastie di potere. È da sottolineare l’accurata organizzazione del servizio di trasporto, che prevede il collegamento gratuito tra le due sedi espositive attraverso una navetta. Catalogo SilvanaEditoriale. Vittoria Severini
Elmo di Niederstotzingen, Württembergergisches Landesmuseum di Stoccarda
L’Historia Longobardorum è l’unica fonte accertata per la ricostruzione della storia di questo popolo. Autore del testo è il monaco benedettino, Paolo Diacono (720 – 799), che nato a Cividale del Friuli da una nobile famiglia longobarda, raccontò nell’VIII secolo d.C. la vita e i costumi della sua gente. La narrazione purtroppo termina con la fine del regno di Liutprando (? -744); infatti si è ovviato alla mancanza di alcune informazioni attraverso le notizie tratte dalle fonti bizantine (Procopio, Giovanni Efesino), merovinge (Historia Francorum di Gregorio di Tours) ed ecclesiastiche (Liber Pontificalis Ecclesiae Romanae). Si sa per certo che nel 568 d. C. i Longobardi, guidati dal re Alboino (526? - 572), valicarono le Alpi ed iniziando dalle Valli del Natisone, occuparono quasi tutto il Nord, buona parte del Centro e del Sud Italia ; sfuggirono “all’invasione” solo le terre di dominio bizantino (Puglia, Calabria, Lucania, Ravenna, Napoli, Amalfi e Pestum) e pontificio (Lazio ed il Nord - Est della penisola fino a Ravenna), venendo così a creare uno sbarramento territoriale tra la cosiddetta Langobardia majore la Langobardia minor.
La migrazione longobarda
L’intero Regno fu suddiviso in 35 ducati, governati da un duca,affiancato da un gastaldo al di sotto dei quali erano posti nella piramide gerarchica, i nobili ed il popolo; cardine della struttura sociale longobarda era la fara, ossia il gruppo delle famiglie patrizie. I primi anni di sovranità nel territorio italiano furono difficilissimi: il prevalere di disordini, violenze e guerre condussero a lunghi periodi di terrore ed anarchia, conclusisi con l’avvento di due re, Autari (? -590) ed Agilulfo (? - 616), sposi della regina Teodolinda (? – 627).
Lamina di Agilulfo, bronzo dorato, 590-612 d. C., Museo del Bargello di Firenze
Questa sovrana mutò, attraverso la conversione dei Longobardi al Cattolicesimo, le usanze ed i costumi di una popolazione fino ad allora dedita a riti violenti e brutali.
Corona ferrea, oro e gemme, IX secolo, dono della regina Teodolinda alla Basilica di Monza, Tesoro della Basilica
Un passo importante, dunque, che portò alla convivenza pacifica, alla rinascita economica, sociale e culturale, i cui migliori risultati si riscontrano nell’arte prodotta sotto il dominio di Liutprando (712 – 744).
Oratorio di Santa Maria in Valle detto Tempietto Longobardo, interno, Cividale del Friuli, Udine
Con l’ultimo re Desiderio (? – dopo il 774) si concluderà “la dominazione” di questa stirpe “barbarica”: il monarca, infatti, adottando una politica decisamente “anti-papale” favorirà, dopo la sconfitta di Pavia nel 774, la conquista del territorio italiano da parte delle truppe di Carlo Magno (742 – 814) e la nascita di quella che comunemente è nota come l’epoca carolingia. Sulla “questione longobarda”, ossia sugli effetti esercitati dalle dominazioni barbariche sulla fine della civiltà classica, un carosello di convinzioni percorre l’intera storiografia italiana, dal Medioevo fino ai nostri giorni.
Disco bratteato, oro sbalzato, inizio VII secolo, Museo Archeologico Nazionale di Cividale
Non è certo questo il contesto per poter dissipare tali problematiche come ha dichiarato il professor Gian Pietro Brogiolo, affermando che la: “mostra non prende una posizione netta rispetto alle due tradizioni storiografiche che si fronteggiano da mezzo millennio nel giudicare le cause della fine dell’Impero in rapporto alle “invasioni” (che la storiografia d’oltralpe, tedesca e anglofona, ha da sempre definito con il termine più positivo di “migrazioni di popoli”)…pertanto i contributi del catalogo sono stati affidati a studiosi che hanno maturato idee differenti su queste vicende”. Il percorso della rassegna si sviluppa lungo cinque direttrici: la prima, imperniata sulla trasformazione dello stato e delle aristocrazie, è a sua volta organizzata in tre nuclei tematici afferenti rispettivamente ai simboli della rappresentazione del potere, alle trasformazioni delle aristocrazie.
Dittico dei Lampadi, valva sinistra, avorio, IV – V secolo, Monastero di Santa Giulia-Museo della città di Brescia
Ed infine al potenziamento del potere vescovile
Pastorale di Saint German, argento, pietre dure e legno,metà del VII secolo, Musèe jurassien d’art et d’histoire di Delémont, Svizzera
La seconda sezione racconta la vita in campagna ed in città nelle trasformazioni e nei cambiamenti del vivere quotidiano. La terza parte riguarda l’insicurezza e la paura della popolazione, in un periodo in cui la militarizzazione della società e la fortificazione delle case, erano l’unica arma di difesa.
Elmo di Niederstotzingen, Württembergergisches Landesmuseum di Stoccarda
Il percorso espositivo continua con il quarto ed il quinto settore dedicati rispettivamente ai rituali della sepoltura ed all’“epopea”, tra finzione e realtà, di queste genti dell’est.Corollario della manifestazione torinese è la mostra allestita nell’Abbazia di Novalesa dove sono esposti i migliori esempi della scultura funeraria e liturgica destinata ai centri di culto tra il VI e l’VIII. Vittoria Severini
Fibule a staffa di villalta, argento, almandini paste vitree e ferr, seconda metà del V secolo, Museo Naturalistico Archeologico di Santa Corona a Vicenza