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1408 |
1408 per la regia di Mikael Hafstrom, riconcilia con il genere thriller. Il cast di ottima levatura composto da John Cusack, Samuel L.Jackson conferisce alla pellicola di 90 minuti un’atmosfera di alta tensione. Alessandro Gallippi |
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Non se ne poteva veramente più di questa smisurata sovrapproduzione di horror orientale, e finalmente, “1408” di Mike Hastrom, ci fa tirare un bel sospiro di sollievo. Questo sceneggiatore/regista svedese, con una nomination all’Oscar, ha ottenuto l’attenzione del pubblico americano con il thriller “Derailed” del 2005 con Clive Owen e Jennifer Aniston. |
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La carta vincente del film sta nello stile della narrazione. Con questa premessa, che si inizia a raccontare l’inquietante storia interpretata da un bravissimo John Cusack nei panni di Mike Enslin, un famoso scrittore di libri horror, il quale crede solo in quello che vede. |
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I suoi libri sono dei veri e propri best-seller che attaccano il mondo del paranormale, screditando tutto ciò che è la vita dopo la morte, in quanto, secondo lui, non esistono prove effettive. |
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Tutto questo sta per crollare di fronte alla stanza 1408 dell’Hotel Dolphin. Infatti, quando Mike deciderà di affrontare il suo prossimo libro intitolato “Dieci notti nelle camere d’albergo infestate dai fantasmi”, dovrà imbattersi in un incredibile e terrificante realtà. |
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Come da copione e nonostante gli avvertimenti del direttore, interpretato da Samuel L.Jackson, Mike dovrà passare la nottata nella stanza maledetta, affrontando i suoi demoni interiori, le sue paure, tra scetticismo e inquietanti apparizioni. |
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Nell’incredibile atmosfera claustrofobica che pervade per tutta la storia, il regista non usa la paura e il terrore per coinvolgere lo spettatore, ma la crescita del dolore che attanaglia lo scrittore, comunicando un incredibile stato d’ansia. |
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Naturalmente si sobbalza anche dalla sedia, si trema per come le apparizioni prendono vita, grazie anche alla splendida colonna sonora composta dal bravissimo Gabriel Yared (Paziente Inglese). Ma alla fine la forza della pellicola sta nella drammaticità degli eventi narrati, come la perdita dei propri cari, le tragedie personali che ci segnano a vita, fino all’immancabile domanda di tutte le domande sulla esistenza di una dimensione alternativa alla vita. “1408” colpisce per la banalità da dove può partire il male, come “L’Esorcista” e “Poltergeist” partivano da un contesto narrativo ‘normale’ e proprio per questo inquietante, anche qui l’abilità di ambientare la storia in uno spazio molto familiare ad ogni spettatore, rende la pellicola davvero travolgente. Forse “1408”, non va visto come un horror, ma come un incredibile viaggio interiore, fatto di domande che tutti noi ci poniamo sulla vita, la morte, i nostri dolori, le nostre perdite, con la speranza di una rinascita spirituale. Alessandro Gallippi |
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