La pittura dei Macchiaioli nacque dalle discussioni di un gruppo di artisti che alla metà dell’Ottocento si riuniva al Caffè Michelangiolo di Firenze. Non solo fiorentini, ma tutti ugualmente intenzionati a contrastare l’insegnamento accademico. Un occhio al nuovo che veniva dalla Francia, l’altro al Quattrocento e al Cinquecento. E consci di vivere in un momento importante per la storia d’Italia. La mostra si snoda nelle sale e salette del Chiostro del Bramante a Roma,seguendo un percorso cronologico e tematico. Distinta in otto sezioni, declina le diverse fasi del movimento macchiaiolo. Laura Gigliotti
“Tra le cose che posseggo e che mi sono più care – scriveva Telemaco Signorini nel 1891 – vi è un grande acquerello di Adriano Cecioni che rappresenta l’interno della nostra stanza al Caffè Michelangiolo. Ventiquattro artisti atrocemente caricaturati stanno seduti alle tavole discutendo, urlando e ridendo”. E’ la saletta decorata con quadri e cornici finte dai protagonisti del pensiero artistico della metà dell’800, da Fattori a Cabianca, a Lega, a Costa, fucina del movimento macchiaiolo costituito ufficialmente a Firenze nel 1855.
Una decina d’anni sarebbe durata la leaderschip macchiaiola del gruppo fiorentinoche raggiunse l’acme negli anni ’60 dell’800. A partire dagli anni ’80, fatta l’Unità, smorzati i furori della prima stagione rivoluzionaria, col venir meno della fiducia nella scienza positiva, i caposcuola macchiaioli, a cui la mostra riserva tre sale individuali,pur mantenendo fede al “vero”, tendono a sviluppare percorsi propri.
Fattori dedicandosi ai grandi quadri maremmani, Lega accentuando la spiritualità delle sue donne del Gabbro, Signorini privilegiando le case e i volti di Riomaggiore. Il foglio di Cecioni è l’incipit della mostra I Macchiaioli.
Sentimento del vero, in programma al Chiostro del Bramante fino al 3 febbraio 2008 (catalogo Silvana Editoriale). Curata da Francesca Dini, presenta oltre cento opere, già alla Fondazione Bricherasio di Torino, molte di piccolo formato, con alcuni felici inserimenti per l’edizione romana. Come La scolarina di Fattori, Il rio a Riomaggiore di Signorini, esposto per la prima volta e Carro e buoi nella Maremma di Giuseppe Abbati.
La pittura della macchianasce da un gruppo di giovani artisti non solo fiorentini. Molti sono patrioti garibaldini, impegnati nelle guerre d’indipendenza e decisi a emanciparsi dagli insegnamenti accademici. Guardano ai pittori del Quattrocento e del Cinquecento, al modo di colorare “alla prima” e “dal vero” di Giorgione e Tiziano, ma sono disponibili ad accogliere le esperienze innovative che giungono da altre regioni d’Italia e dalla Francia.
E’ la macchia, ovvero la realtà quotidiana rappresentata secondo rigorose sintesi di materia e di luce per stabilire la priorità della forma sul contenuto. Il primo a parlare di Macchiaioli sarà un anonimo cronista della Gazzetta del Popolo nel 1862, ma l’anima teorica del movimento fu Diego Martelli, intellettuale, critico, collezionista e mecenate che generosamente accolse nella sua casa di Castiglioncello tanti artisti che hanno lasciato splendidi ritratti e testimonianze del luogo.
La mostra si snoda nelle sale e salette del Chiostro seguendo un percorso cronologico e tematico. Distinta in otto sezioni, declina le diverse fasi del movimento macchiaiolo. Dagli apripista come il livornese Serafino De Tivoli (che era stato con il napoletano SaverioAltamura a Parigi per l’Esposizione Universale e aveva visto la pittura di paesaggio dei maestri di Barbizon), il romano Nino Costa, il veronese Vincenzo Cabianca, il veneziano Zandomeneghi, al lirismo dei paesaggi di Castglioncello e Piagentina di Borrani, Abbati, Fattori, Sernesi, Lega, Signorini, all’epica del quotidiano, fino ai presagi di naturalismo e individualismo, quando la pittura macchiaiola si stempera in temi narrativi, atmosfere trepide e mutevoli di cui protagonista è la donna ritratta nei campi o immersa in tranquilli interni borghesi.
Fra le opere in mostra, oltre a quelle celebrate dei grandi Signorini (Primavera ,Sulla collina a Settignano, Ponte di Vigo a Chioggia), Fattori (La marcatura dei cavalli in Maremma, Buttero, Marina di Antignano con pescatori)e Lega (Una madre, Ritratto di Giulia Bandini, Donna alla finestra), richiamano l’attenzione alcune tavolette preziose come predelle di pale d’altare medievali realizzate da Odoardo Borrani e Giuseppe Abbati appena giunti a Castiglioncello ospiti di Martelli. Rappresentano vedute dai colori smaltati della campagna maremmana, di case, marine e bambini immersi in una natura incontaminata e selvaggia in cui il tempo sembra essersi fermato. Come nella Marina a Castiglioncello di una bellezza struggente di Raffaello Sernesi. Laura Gigliotti