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Mario Ceroli al Palaexpo di Roma

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Mario Ceroli al Palaexpo di Roma

Con ingresso da Via Milano, nelle sale del Livello 1 del Palaexpo, c’è la mostra di Mario Ceroli. Non una retrospettiva, ma un’esposizione dedicata agli sviluppo della sua arte mediante l’impiego dei diversi materiali. Curata da Maurizio Calvesi e Claudia Terenzi, ha un catalogo Giunti editore.
Emilia Dodi

 Mario Ceroli, Senza titolo 2007



Questa è la mostra di scultura con la quale il Palaexpo ha inteso inaugurare e con un artista italiano, la bella sede dedicata al contemporaneo.

Mario Ceroli, Pier delle vigne 1979

Non è una retrospettiva, in quanto per espresso desiderio di Ceroli non doveva esserlo, ma esporre tutta l’evoluzione della sua opera e l’impiego dei materiali, come nell’installazione della Sala grande dal titolo Paolo e Francesca, appositamente creata per questa mostra, unitamente a molte altre opere.

Mario Ceroli,
Paolo e Francesca, 2007



Ceroli può essere considerato un precursore dell’Arte Povera italiana con Pascali e Kounellis. Fu Plinio De Martis nel 1963 con la Galleria La Tartaruga che mise per primo in visione le opere di quest’artista.

Mario Ceroli, Nascita di Venere, 1979

Negli anni, pur non escludendo la scultura in legno suo primo amore, la sua opera ha avuto un’evoluzione che ha toccato molti generi, tra i quali la pittura e le installazioni, le grandi opere e le scenografie.

Mario Ceroli,
La barba di Saturno 1989


Sembra giusto che il Palaexpo abbia deciso di inaugurare la sezione scultura con un maestro italiano che nel tempo evolvendosi, ha impiegato nella sua opera materiali differenti. Tra l’altro non va dimenticato che nel 1966 Ceroli ha vinto il premio Biennale di Venezia per la scultura.

Mario Ceroli,
Sopra di noi il cielo 1989

Qui si può notare come Ceroli nelle due opere in mostra, di differenti periodi, si sia ispirato in modo contemporaneo al Cristo morto del Mantegna, ricoperto di cenere e ai temi danteschi, come in Pier delle Vigne che si ispirano al Goya e al Caravaggio.

Mario Ceroli, Senza titolo, 2007

Mario Ceroli, Senza titolo 2007
Sempre per i materiali, del 1979 è La nascita di Venere, per passare all’opera la Barba di Saturno del 1989 e Sopra di noi il cielo, dove nel quadro su legno, è impiegato il solfato di rame.Della stessa data, La strada della politica degli ultimi cento anni, impiega l’ossido di piombo. Per le opere create appositamente per quest’esposizione, che sono le più drammatiche, Ceroli adopera la cenere, in particolare quella della paglia perché crea riflessi argentei. Una per tutte, La nuda verità, del 2007. L’installazione creata nella sala grande, è una scala dove salgono due fanciulli , sagome in legno, dove attorno sono mucchietti di metalli naturalmente dai vivaci colori, che i fanciulli portano verso il  il sole e quindi il cielo, simboleggiando la speranza. Non una retrospettiva, ma i sogni e le aspettative di un artista.
Emilia Dodi