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Matt Dillon a Taormina

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Matt Dillon
a Taormina

Un aspetto assonnato distribuito sul suo metro e ottantatre che evidenzia una silhouette invidiabile messa in risalto da pantaloni a grossi quadri grigi e rosa, t shirt grigia scura e calze e scarpe nere pesanti. Ma se l’aspetto è di uno che è appena sceso dal letto, la mente lavora al massimo mentre cerca di intuire quello che gli viene chiesto in italiano. Stiamo parlando di Matt Dillon, titolare oggi della Muster Class qui al 53° Tao Film Fest affollata fino all’inverosimile da ragazzi e ragazze che hanno addirittura occupato le prime file di solito riservate ai giornalisti, per bersagliarlo con  flash di telefonini e macchine fotografiche.
Mariangiola Castrovilli

Matt Dillon

Icona degli anni ’80, chi non ricorda infatti I ragazzi della 56° strada, Rusty il selvaggio, Flamingo kid, Target-scuola omicidi, Drugstore cowboy e Crash, premiato con l’Oscar l’anno scorso per il miglior film, nel 2002 si cimenta con la regia di City of ghost di cui è anche uno degli interpreti principali.

City of ghosts

Dillon a 5 anni anni di distanza, come vede la Cambogia del suo film?
Più o meno come la vedevo allora, e parliamo del ‘93, al tempo di una mia vacanza allungata a Phnom Penh . Sapevo pochissimo di questo bellissimo paese pieno di conflitti - ricorda pensoso Dillon - appena arrivato però, la testa divenne piena d’idee.

Crash

Alcune le scrissi, altre le lasciai andare. Ad incantarmi fu appunto l’unicità della bellezza del paesaggio. Phnom Phen era praticamente distrutta, ma molte cose si erano salvate, come per esempio il Palazzo Reale e le pagode lungo il fiume Mekong. Ma che differenza con Bangkok! Qui si respirava un’impalpabile senso del pericolo. Incontrai anche molti stranieri interessanti, che magari avevano aperto un bar, con la sensazione che non sarebbero mai più tornati indietro.

Matt Dillon

Un anno più tardi – continua Dillon - lessi un articolo sull’Herald Tribune che dipingeva la Cambogia come il paradiso dei criminali incalliti, che prosperavano alla grande senza timore di essere estradati. Attaccai il ritaglio su di una lampada in ufficio e dopo un anno, guardalo oggi, ripensaci domani, l’idea del film prese corpo”.

Matt Dillon
in "City of Ghosts"

E l’esperienza registica?
Interessante, nel doppio ruolo di attore e regista dovevo dare il meglio di me. Ma non si trattava solo di un doppio ruolo, c’erano troppe cose che dovevo controllare per cui presi un coach per aiutarmi.

Matt Dillon in "Factotum"

Quando non sapevo come risolvere qualcosa prendevo il mio tempo, privilegiando il ruolo dell’attore. Solo dopo aver valutato attentamente tutte le possibilità, decidevo da regista. Certo, a volte le mie decisioni non ci trovavano tutti d’accordo, ma ho sempre dato ascolto alla mia vocina interiore e devo riconoscere che il mio istinto ha avuto ragione”.

Factotum

Attore icona degli anni ’80 dicevamo, ma poi è rimasto incastrato in personaggi ripetitivi….
Era una risposta alla domanda  di mercato. Poi però ho esplorato nuovi orizzonti, ma ogni film che ho girato, come ogni personaggio interpretato, mi ha sempre lasciato qualcosa di positivo”.

Matt Dillon

Sean Penn ha detto che ultimamente ‘fare l’attore è diventato sempre più difficile’, è d’accordo?
Non lo so. Tutto dipende dal ruolo e dal film, certo fare il regista è molto più creativo ma meno soddisfacente a livello finanziario. Però fare l’attore è un dono, un privilegio. Si va da una vita all’altra passando per diversi personaggi e ruoli. Per esempio una volta – spiega Dillon - ho interpretato uno schizofrenico senza tetto, una sfida enorme per cui ho dovuto documentarmi. Guardarsi intorno, senza fissarsi sul proprio ombelico, aiuta a capire che i nostri problemi in confronto a quelli seri del mondo, non sono poi così gravi. E’ bello esplorare mondi nuovi  senza doverci però restare”.
Mariangiola Castrovilli

Matt Dillon