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La malattia allo specchio. Campagna shock contro l’anoressia |
Un pugno allo stomaco. Questa la sensazione più comune tra coloro che si imbattono, per strada o tra le pagine di un giornale, su uno dei manifesti shock della nuova campagna pubblicitaria del marchio di abbigliamento Nolita, la cui testimonial è una ragazza anoressica allo stadio terminale. Luana Andreoni |
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Isabelle Caro, questo il nome della modella immortalata dal noto fotografo Oliviero Toscani, ha 27 anni e da quando è adolescente soffre di disturbi alimentari. Oggi pesa 31 kg e il suo corpo nudo, devastato dalla malattia e dalla sofferenza psicologica, è diventato il simbolo di una nuova battaglia contro l’anoressia. |
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Negli scatti davvero impietosi che la ritraggono in varie posizioni ogni osso del suo scheletro, ogni piega della pelle denunciano sofferenza e dolore. Nulla è lasciato all’immaginazione, e il paragone con i sopravvissuti ai campi di concentramento è fin troppo immediato. |
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Eppure non si tratta di una campagna sociale, ma di una vera e propria operazione di marketing volta a rafforzare l’identità del brand Nolita. |
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A partire dal claim, che recita "No-anorexia-lita": uno slogan che unisce il nome del marchio all’appello contro l’anoressia. Perché, almeno secondo le intenzioni di Toscani, è possibile unire pubblicità e impegno sociale: «È ovvio» spiega il fotografo «che le immagini faranno parlare del marchio. Ma faranno anche parlare dell'anoressia e questo è un bene». |
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Certamente Toscani non è nuovo ad iniziative di questo genere, che non mancano mai di sollevare una lunga scia di polemiche e pareri contrastanti. Secondo alcuni, come il ministro della Salute Livia Turco, l’idea è da condividere: «Apprezzo e sostengo la campagna di Toscani contro l'anoressia pur se portata avanti con la provocatorietà che appartiene al suo stile», ha dichiarato ai media. |
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Oliviero Toscani |
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Molti, invece, ritengono inutile se non dannoso mostrare foto di quel genere associandole, per giunta, ad un brand di moda. La paura maggiore è che le ragazze che soffrono di questo disturbo siano invece lusingate da tanta attenzione e che provino soddisfazione nel vedere una loro rappresentante capeggiare su maxi affissioni. Una cosa è certa: nessuno che non sia coinvolto in prima persona in questo dramma può immaginare quanta sofferenza provochi l’anoressia, ma il solo vedere la consunzione del corpo e la fragilità di Isabelle è sufficiente per capire che il problema è grave e va affrontato con qualsiasi mezzo si riveli efficace. Luana Andreoni
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