L’ultima legione

Doug Lefler, regista di Dragonheart 2 (2000), torna dietro la macchina da presa per dedicarsi a L’ultima legione, tratto dall’omonimo libro di Valerio Massimo Manfredi ed ambientato nella Roma del 476 d.C.
Francesco LoMuscio

 

Roma, 476 d.C. Nel giorno in cui deve essere incoronato imperatore, il dodicenne Romolo Augusto, con il volto di Thomas Sangster (Tristano e Isotta), viene catturato insieme al suo sciamano mentore e tutore Ambrosino, interpretato Ben Kingsley (Gandhi), e chiuso nella fortezza di Capri, dove scopre la spada di Cesare che porta incisa una profezia: “Un taglio per difendere, uno per sconfiggere;… per la mano di colui… che è destinato a regnare”.

 

Intorno a questo punto si sviluppa L’ultima legione, diretto da Doug Lefler (Dragonheart 2) e tratto dall’omonimo libro di Valerio Massimo Manfredi, il quale vede l’abilità strategica di Ambrosino unirsi alle doti guerriere di Aurelio e Mira, rispettivamente con le fattezze di Colin Firth (False verità) e Aishwarya Rai (Matrimoni e pregiudizi), impegnati non solo a garantire la libertà di Romolo, ma anche e soprattutto a trovare la nona legione in Britannia, l’unica ancora fedele a Roma dopo il tradimento da parte dei Bizantini.

 

E’ allora subito chiaro che siamo dinanzi al tipico lungometraggio in costume che, cavalcando la moda delle battaglie su celluloide in stile Il Signore degli Anelli, finisce per attirare l’attenzione del pubblico soprattutto grazie al nutrito cast di nomi più o meno noti, comprendente anche John Hannah (Sliding doors) e Kevin McKidd (Le crociate).

 

Per il resto, infatti, nella confezione tecnico-artistica tutto rientra nella media, dai costumi alla fotografia, alle scenografie, mentre la spettacolarità, ridotta a qualche duello con la spada ed un po’ di fuoco sparso, finisce per testimoniare una certa pochezza di budget, complice anche l’abbondanza d’inquadrature strette durante le sequenze di massa.

 

E qualcosa spinge a pensare che buona parte dei dialoghi, efficaci forse sulla carta, riportati sullo schermo non assumono altro che grotteschi connotati, soprattutto a causa di una recitazione non sempre convincente (anzi, il più delle volte al di sotto della decenza), confermata in particolar modo da un Kingsley in aria di parodia.

 

Il look generale dell’operazione, quindi, ovviamente infarcita di violenza indirizzata a spettatori under 14, sembra porsi a metà strada tra l’imitazione della succitata trilogia jacksoniana ed i più o meno riusciti prodotti che, negli Anni Ottanta, venivano sfornati sulla scia del successo de La storia infinita (1984) di Wolfgang Petersen.

 

Nel tentativo di ricordare che c’è sempre bisogno di eroi, ma con più difetti che pregi (se quei pochi elencati si possono considerare tali).
Curiosità :
Le riprese del film sono durate 14 settimane, tra l’agosto e il novembre del 2005, tra la Tunisia (che doveva essere Roma) e la Slovacchia (che doveva essere la Britannia).Martha De Laurentiis spiega: “La Tunisia non è lontana dal sud dell’Italia, si assomigliano molto, stesse terre, stesso mare, ha un paesaggio ancora intatto e non così costruito come in Italia, è più facile girare lì. Ci sono studi fantastici, gli Empire Studios, dove avevano ricreato Roma. Hanno conservato tutti gli edifici costruiti dalle produzioni che hanno girato in precedenza. E’ stato un gran vantaggio, non abbiamo dovuto ricostruire l’antica Roma, esisteva già!”.
Francesco Lomuscio

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