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Visum incontra
Emir Kustarica
a Cannes

E finalmente copyright arrivato l’ultimo film in competizione al 60° festival di Cannes, il delizioso Promets le moi di Emir Kustarica, già vincitore di due Palme d’oro, nell’85 per In viaggio con papà e, dieci anni più tardi per Undergraund, senza dimenticare pero’ il premio per la miglior regia, preso nell’89 per Le temps des Gitanes. Molto amato dai francesi il regista è tornato poi sulla Croisette nel 2004 con La vie est un miracle, mentre nel 2005 è stato presidente della Giuria. “Si, ormai non si contano più le volte che sono qui”, esordisce ridendo il regista, “devo chiedere a Gilles Jacobe di farmi una casa sul palcoscenico, così non avrò più nemmeno bisogno di spostarmi”.
Mariangiola Castrovilli

 

La storia, divertente oltre ogni dire e’ quella di Tsane, (Uros Milovanovic) suo nonno (Alexandar Bercek) e della loro vacca Cvetka, che vivono isolati sul cocuzzolo di una collina al fondo della campagna Serba e, con la loro vicina, Bossa, sono gli unici abitanti del luogo.

Emir Kustarica

Un giorno pero’ il nonno dice che sente arrivare la fine e fa promettere al nipote di andare nella citta’ piu’ vicina, vendere la vacca e con i soldi comprare un’icona, un souvenir e, piu’ difficile di tutto visto che Tsane ha solo 13 anni, portare a casa una sposa. Il ragazzo a sua volta fa promettere al nonno di non morire fino al suo ritorno.

 

Arrivato in citta’, comincia una tale girandola di situazioni, gags, qui pro quo e scazzottate e non solo coi pugni, che rendono esilarante il racconto trascinandovi in un turbine d’azione dove anche se si ride parecchio , il cervello continua pero’ a pensare, perche’ i temi affrontati da Kustarica non sono mai solo di puro intrattenimento.

 

Una favola che sotto forma di gioco affronta i valori famigliari e l’importanza  della parola data rispetto al mondo di oggi, visti appunto nel percorso iniziatico di un ragazzo verso l’eta’ adulta’ sottolineano a due voci i produttori francesi Marc Missonier e Olivier Desbosc, mentre Kustarica, dimagrito, t-shirt piena di disegni, capelli come al solito ribelli e sguardo a volte disarmante, parte dicendo che Promets le moi, e’ stato una maratona dove non hai mai smesso di correre.

Emir Kustarica

Emir, cos’e’ per lei questo film, comunque diverso dai precedenti?
“Oggi si dorme, si beve e si fuma troppo, il mio cinema e’ un’occasione per divertire la gente portandola anche verso una vita sana”.

 

Lei ha fondato un villaggio di cui e’ anche sindaco..
Ho perduto la mia citta’ durante la guerra, e per questo che avevo voglia di costruire un mio villaggio. E si, mi sono fatto eleggere, perche’ ne avevo abbastanza della democrazia. Spero che questo posto possa essere aperto alla diversita’ culturale e si eriga contro la globalizzazzione, per cui ho aiutato a costruire una cittadina dove leggi e diritti siano piu’ presenti”.

 

C’e’ una regola per i suoi film?
Non parlerei di regole, non sono un manipolatore, cerco invece l’immagine del mio popolo, un archetipo che per ora non esiste, per esempio con la Chiesa che va sparendo, metterla nel film perche’ la gente ci ritorni, ecco la mia ricostruzione degli archetipi”.

 

Kustarica, cos’e’ per lei i cinema?
“Qualcosa per cui si deve essere pronti a tutto, come nella gioia o nel dolore perche’ in tutto bisogna avere un impatto vitale. Ci sono troppi cineasti che adesso credono di averlo inventato loro”.
Mariangiola Castrovilli