La Cina: ieri e oggi, torna Mao Tse-Tung con il “libretto rosso”
L’editrice Newton Compton pubblica, con l’intelligente presentazione di Federico Rampini – il giornalista affermatosi come uno dei migliori testimoni dell’attuale esperienza cinese – il famoso “libretto rosso” di Mao Tse-Tung. Carlo Vallauri
La copertina del libretto rosso
Come è noto, si tratta dell’opera che negli anni ’60 e ’70 costituì il principale documento di predicazione del verbo di Mao, preparato da Lin Piao, per diffondere le idee del condottiero della rivoluzione cinese che portò al potere il comunismo. Naturalmente fa impressione leggere il documento oggi dopo che quell’intera costruzione politico-sociale è stata sostituita da una ben diversa impostazione economica.
La copertina del libretto rosso
La “rivoluzione culturale” era il tentativo di mostrare che quella repubblica popolare per sopravvivere aveva bisogno di distruggere tutto quel che era stato fatto sino allora, una tabula rasa che si risolveva in un ulteriore disastro.
Federico Rampini
Rampini rileva in proposito come si sia trattato dello scatenamento di una furia giacobina portata avanti in nome del grande capo, provocando violenze ed esecuzioni sommarie di una grande massa di persone (tra le 750 mila ed un milione e mezzo).
Mao Tse-Tung
Le numerose citazioni di Mao, anche se oggi in parte possono anche far sorridere, testimoniano un desiderio di cambiamento che milioni di persone fecero proprio sulla base degli slogan della lotta all’imperialismo e del rafforzamento dei compiti del partito ma soprattutto mediante la decisa impronta di metodi di pensiero e di lavoro tendenti ad esaltare il valore della comunità da difendere di fronte ai pericoli e agli errori denunciati pubblicamente, in una invenzione totale dei fatti accaduti e delle responsabilità.
Mao Tse-Tung
Emergono soprattutto i temi dell’economia, della formazione dei quadri, del ruolo direttivo del partito, della applicazione di criteri rigidi ed intransigenti nella vita sociale.
Semplicistico nell’esposizione il libretto, diffuso in centinaia di milioni di copie, rivela l’elementarietà delle analisi, spesso la superficialità dei giudizi, ma tutto ciò si spiega con la funzione propedeutica propria del testo diretto a favorire lo sforzo di “condurre la rivoluzione fino in fondo”.
Mao Tse-Tung con Richard Nixon
Un lavaggio dei cervelli in piena regola che imponeva prescrizioni di carattere culturale e di portata pratica che saranno poi rifiutati, quando la morte di Mao interromperà quel ciclo e diventerà anzi motivo di condanna un periodo che aveva procurato al popolo distruzioni massicce, persecuzioni, morte di tante persone.
Mao Tse-Tung
Visto in un quadro più complessivo a noi sembra – e sin da allora sostenemmo questa tesi di fronte ai facili esaltatori (a cominciare da tanti intellettuali europei, come i nostri Moravia e suoi amici e frequentatori) – che l’intera operazione non era altro che la conseguenza della constatazione della difficoltà e degli errori contenuti nella strada intrapresa: di fronte a tanti disastri la “rivoluzione culturale” fu il tentativo di creare un fantasma (i nemici della rivoluzione) al quale addebitare tutti i mali del paese per restituire una verginità al Capo, dichiarato quindi immune da ogni colpa.
Mao Tse-Tung
Portare la rivoluzione all’estremo significò in effetti portare la distruzione oltre ogni limite, provocando il sacrificio di tanti esseri umani, al fine di discolpare i veri responsabili. Carlo Vallauri