Login | Guestbook | Immagini | Downloads | Mappa | 11 utenti on line
MENU

   Home
   Contattaci
   Chi Siamo
   Job oppurtunities


Rubriche

   Arte
   Cinema
   Eventi
   Libri
   Moda
   Mondomedi@
   Spettacolo
   Televisione
   Web Television


Pittori

   Galleria Digitale
   Giovani Promesse
   Maestri
   Nuovi Talenti


Archivio

   Archivio 2001- 2006


Multimedia

   Audio Interviste
   Video


 
Liberata

Udskriv SidenStampa Send denne side til en venInvia ad un amico 

La giostra del dolore
di fronte al mare

Dopo “Tiergartenstrasse 4.Un giardino per Ofelia” e i due spettacoli del progetto “Italiani cìncali”, torna a Roma la Compagnia del Teatro dell’Argine di Bologna, con il nuovo spettacolo “Liberata”, scritto e diretto da Nicola Bonazzi. All’Argot Studio di Roma, fino all11 maggio.
Gloria Bondi

 

 

a

Liberata è uno spettacolo sulle donne, sulla violenza che su di loro, grandi e piccole, madri e bambine, viene perpetrata ogni giorno fuori e soprattutto dentro l’ambito familiare. È la storia della fiducia tradita- dice Nicola Bonazzi - della solitudine che genera amore senza riserve verso l’uomo-padrone che ti prende con sé; è la storia dell’ignoranza che, in un’Italia anni ’60, certo contribuiva a rimettere continuamente la donna al suo posto di madre-serva-angelo del focolare. La storia delle vittime”.

 

“Ma, all’opposto - prosegue il regista - è anche la storia di chi ha sognato all’ombra del boom economico senza beneficiarne mai, di chi ha inseguito invano e per anni un benessere inafferrabile e così facendo si è abbruttito, incattivito, è diventato invidioso, rancoroso, violento, si è trasformato da vittima in carnefice. Perché il dolore non passa senza fare danni- conclude - e il destino si consuma brutale e aggressivo, lasciando solo un’attonita disperazione”. Così l’autore e regista Nicola Bonazzi sintetizza la storia di “Liberata”, il testo da lui scritto e diretto per le interpretazioni di Micaela Casalboni, Giulia  Franzaresi, Andrea Gadda e Frida Zerbinati, in scena  all’Argot Studio di Roma.

 

Liberata” è una donna semplice e dall’animo puro come quello di una bambina. Non è più giovane ed è sola, ma in fondo al cuore non ha mai smesso di sperare che un giorno l’uomo dei sogni sarebbe arrivato. Italo “come l’Italia” è un uomo affascinante e brutale, furente e disperato. La sopraffazione e la violenza fisica e psicologica solo i suoi unici strumenti di espressione e interazione col mondo femminile. Ben lo sanno le sue due figliole, Primo e Fiorina, succubi e adoranti, prime ed eterne vittime dell’infamia paterna.

 

Quando Liberata lo incontra, in un giorno di festa, le appare bello e irresistibile come un attore.Danza con leggerezza e in mano ha sempre un mazzo di carte nel quale finge di leggere la sorte. Ma quel matrimonio che arriva come un sogno fantastico si trasforma subito in un inferno in cui tutte le sacre leggi dell’amore, del rispetto e della paternità vengono inesorabilmente violate. I quattro vengono travolti in una spirale di sadismo e masochismo da cui sembra non esserci scampo.

 

Ma infine qualcosa accadrà, come nella leggenda della santa di cui Liberata porta il nome: una fanciulla alla quale Dio concesse la barba per evitare un matrimonio non desiderato e che affrontò con gioia il martirio.“All’origine di tutto c’era la volontà di far parlare la nostra terra, gelida come la nebbia che d’inverno ne bagna le zolle, rovente come il sole che d’estate le sbriciola – spiega l’autore e regista -  E, insieme, c’era la volontà di far parlare gli attori con i loro corpi e la loro lingua, messi alla prova su personaggi marginali, ma proprio per questo abitati da furori indomabili.

 

Li abbiamo inseriti in una provincia degradata e dai contorni sfumati, dentro un tempo indefinibile, in bilico tra passato e presente; abbiamo dato loro nomi che profumano di nostalgia e di pasta tirata a sfoglia: Liberata, Italo, Primo, Fiorina. Si presentano a noi quando tutto è già finito, costretti a narrare compulsivamente la loro storia, e a scontare in tal modo ognuno la propria pena”. Testo bellissimo, “Liberata” trae anche dall’uso del dialetto romagnolo ed emiliano una forza e una incisività fuori dal comune e viene esaltato in tutte le sue potenzialità da una regia perfetta, piena di idee e spunti creativi di grande valore.

 

Gli interpreti sono eccellenti nel portare in scena personaggi struggenti nella loro complessità e nelle mille sfaccettature dei caratteri, tutte attentamente esplorate e rappresentate. Un’opera che arriva dritta al cuore.Non perdetela.
Gloria Bondi