L’Adelchi al teatro Arcobaleno

Sparsa le trecce morbide/ su l’affannoso petto,/ lenta le palme, e rorida /di morte il bianco aspetto,/ giace la pia, col tremolo/ sguardo cercando il ciel”. Chi non ha mai incontrato o letto questi pochi versi durante il periodo scolastico? Poetiche parole indicanti uno dei passi più struggenti e famosi di una delle tragedie (“Il conte di Carmagnola” e l’ “Adelchi”) del grande scrittore e poeta italiano Alessandro Manzoni.
Federica Di Bartolo

 

 

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Due componimenti scritti dal nostro non per essere rappresentati, ma per la sola lettura: “..la tragedia da recitarsi sarebbe incapace di quel grado di perfezione, a cui può arrivare la tragedia, quando non si consideri che come un poema in dialogo, fatto soltanto per la lettura, del pari che il narrativo..”.

 

Per la prima volta, dunque, il famoso “Adelchi” (pubblicato per la prima volta nel 1822) viene adattato per la scena e a proporne questa “Lettura-Concerto” è la Compagnia Castalia, grazie all’adattamento e alla regia del suo fondatore Vincenzo Zingaro. E’ una lettura in musica di circa 1400 versi sui 2100 originali del Manzoni e si può definirla una creazione decisamente originale, che vede il rimescolamento dei generi letterari e la loro modernizzazione.

 

La tragedia, in origine destinata solo per le “amene” letture, ora diventa un vero e proprio melodramma, con cui Vincenzo Zingaro insieme ad attori come: Annalena Lombardi, Gabriele Tozzi, Giovanni Nardoni e con la partecipazione di Giovanni de Nava, calca la scena sulle originali musiche di Giovanni Zappalorto. Le musiche evocative vengono interpretate da sette musicisti, in primis lo stesso autore al pianoforte, quindi Massimo Conte all’oboe e corno inglese, Marila Zingarelli al violoncello, Flavia di Tomasso al violino, Lorenzo Sbaraglia alla viola, Stefania Palma al flauto e infine Maurizio Trippitelli a timpani e percussioni.

 

Un’opera certamente difficile da rappresentare, che ha subito avuto l’appoggio e il supporto del Comune di Roma e del Ministero per i Beni e le attività Culturali. Le scenografie sono originali e moderne, fra le mura antiche appaiono i leggii  degli attori, che cantano e recitano; a troneggiare su tutto c’è l’impianto di timpani e percussioni, che, non abbandona mai la scena, e con le sue vibrazioni si fonde con questo o quello strumento.

 

La musica dunque come nuovo protagonista dell’opera, capace di fondersi e compenetrarsi con il ritmo dei versi, sottolineando gli stati d’animo dei personaggi, come nella grande letteratura, accadeva con il paesaggio.

 

Tutto è soffuso di luci aranciate e rosate, studiate da Giovanna Verzi, forse per richiamare il nostalgico e romantico tramonto? O forse è un modo scenico per sottolineare la situazione di  declino dello stato d’animo e dei valori dell’uomo? Di certo questo gioco di luci riesce a dare l’idea dell’antico, del passato, avvicinandosi allo spirito del Romanticismo, il movimento artistico, culturale e letterario sviluppatosi in Germania (Romantik) e in Inghilterra (Romanticism) al termine del XVIII secolo e poi diffusosi in tutta Europa. Certo l’uso degli stilemi antichi e la fedeltà al verso del vate Manzoni rendono difficile la fruizione dello spettacolo, destinandolo a chi ha una spiccata propensione per la letteratura antica e una profonda conoscenza del testo. In più la musica, che, come è stato detto, sottolinea gli stati d’animo, non è mai predominante e per questo non può e non vuole avere lo stesso effetto “avvolgente”, che invece si verifica nell’Opera e nell’Operetta.
Federica Di Bartolo