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Carlo Croccolo

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Moliére, geniale e contemporaneo

Visum incontra
Carlo Croccolo

Incontro con il grande attore napoletano attualmente in scena al Teatro Ghione di Roma con L’Avaro di Moliére. Dagli esordi come scultore al cinema, al teatro e alla televisione. Profilo di un artista a tutto tondo.
Gloria Bondi

 

 

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Arte è un gesto, una frase, un’espressione, un atteggiamento, un silenzio, uno sguardo. Riuscire ad esprimerlo e a fissarlo nel tempo. Non importa dove e in che modo. Un artista vero rimane tale qualsiasi cosa faccia”. Con questa sua personale e bellissima idea dell’arte e dell’artista, Carlo Croccolo ha attraversato da protagonista sei decadi di storia italiana. Dal lontano 1950, quando debuttò a teatro diretto da Mario Soldati – e lo aveva già fatto in radio con “Don Ciccillo si gode il sole” – Croccolo ha lavorato in Italia, in Europa, in Canada e negli Stati Uniti accanto a vere leggende, tra cui  Fellini, De Sica, Capra, Ross, Huston, Ferreri.

 

Ma il suo incontro con l’arte risale ad ancora prima “quando mi avvicinai alla scultura facendo lo sbozzatore a 500 lire al giorno per preparare mosaici per un costruttore romano e poi arrivai  ad esporre alla quadriennale di Roma”. Lo incontriamo al Teatro Ghione di Roma, in scena con L’Avaro di Moliére, per la regia di Maurizio Annesi.. “Per questo Avaro – spiega Carlo Croccolo – ho scelto di lavorare non tanto sull’aspetto dell’avarizia in sé, quanto sul contrapposto generazionale. Il protagonista di Moliére è, prima di tutto, ingeneroso con la vita. Sente cha la vita gli sta sfuggendo di mano e vorrebbe trattenerla.

 

 

Per questo si pone in conflitto con i giovani fino ad entrare in rivalità con il figlio. In questo a volte mi ritrovo anche io, nei miei atteggiamenti rigidi e poco tolleranti nei confronti dei ragazzi, anche se poi penso che il loro malessere è anche colpa nostra”. E proprio n questo, Moliére si dimostra ancora una volta immenso, nel tratteggiare dinamiche umane sempre di grandissima attualità, nonostante il passare dei secoli e il mutare delle condizioni sociali e culturali. “A differenza di Goldoni – puntualizza l’artista – Moliére graffia a fondo. Lui era fortemente limitato dalla rigida censura della corte di Luigi XIV, ma nonostante questo riusciva a scagliarsi contro tutti: dagli uomini di Chiesa ai medici. Oggi raramente Moliére viene portato in scena come dovrebbe.

 

Bisognerebbe sempre attualizzarlo attraverso un lavoro sul linguaggio, ma senza stravolgerlo perché lui è di per sé attualissimo. Tutto quello che scrive è estremamente funzionale – spiega l’attore - possiede ancora una forza sconcertante. Per questo, quando ad esempio abbiamo come pubblico le scuole, cerco di fare proprio quello che lui stesso ha indicato: parlare con gli spettatori, cercare un contatto diretto”. Non a caso nei suoi programmi c’è ancora Moliére con “Il medico per forza” e poi, passando alla più stretta contemporaneità, una stesura di Roberto Russo dal titolo “Rifiuti”, della quale dice: “Mi affascina il concetto stesso del rifiutare, l’analisi di ciò che noi rifiutiamo, che viene rifiutato, tutto ciò che si nasconde dietro il termine stesso”.

 

Chiudiamo la breve chiacchierata tornando al tema dei giovani. “Oggi purtroppo fare teatro per un giovane è diventato fin troppo facile – afferma Croccolo – basta fare qualcosa in televisione, fosse anche farsi spiare per qualche settimana dal buco della serratura per approdare alle scene. E il pubblico arriva ad accettare cose che un tempo sarebbero sembrate inaccettabili.

 

Eppure i ragazzi seri – ribadisce - ci sono e sono meravigliosi. Bisognerebbe cercarli e aiutarli. Le scuole nella maggior parte dei casi sono inadeguate. La verità – puntualizza - è che il teatro si impara lavorando nelle compagnie, iniziando dal basso e osservando gli altri, sempre, anche alla mia età. Io stesso potrei imparare qualcosa da un debuttante. L’importante è la qualità e l’onestà dell’essere artista”. E chiude, riassumendo il suo pensiero, con una fase di Pitigrilli che ama molto: “Ammetto l’abbraccio al lebbroso ma non la stretta di mano al cretino”.
Gloria Bondi