E’ sugli schermi italiani, con un buon successo di pubblico e di critica, l’ultimo film diretto da Sergio Rubini, che lo vede anche protagonista con Riccardo Scamarcio e Vittoria Puccini, Colpo d’occhio, un gioco al massacro tra amore e carriera. Giancarlo Leone
Sergio Rubini è un grande attore ed un regista ricco di talento, un artista complicato. Non è solo attore e regista, ma ogni volta ama indossare maschere diverse. Da La stazione a La terra le sue scelte di regia e di narrazione e di volti, specialmente femminili, sono state sempre carismatiche. Non solo.
In altri suoi film come L’anima gemella e L’amore ritorna sono sempre presenti duplicità e sdoppiamenti. Ha una libertà nel girare e nel raccontare che è allo stesso modo rigorosa ed anarchica, un’indipendenza gioiosa e sofferta.Ecco perché questo suo ultimo film, Colpo d’occhio, attualmente nelle sale cinematografiche, il più distribuito del momento, è stata un po’ una delusione. Qui la duplicità sembra quasi una sfida, la voglia di inventarsi un’altra identità.
Il regista racconta un triangolo thriller tra lui, affermato e potente critico d’arte, mefistofelico, cattivo quanto basta, Riccardo Scamarcio (Adrien Scala, un artista in cerca di notorietà e molto ambizioso, che prima ruba la donna al potente critico e poi si lascia irretire e plagiare da lui) e la bellissima e sensuale Cassandra (una magistrale Vittoria Puccini), che ha fatto innamorare perdutamente entrambi.
Arte e amore, tutti vogliono tutto e l’ingordigia la fa da padroni. Tutti sono ambigui e colpevoli. L’idea è bella, impreziosita dai lavori di Gianni Dessì, personaggi aggiuntivi di quest’opera e dalla colonna sonora di Pino Donaggio. Sergio Rubini riesce nella cosa più difficile sbagliando la più facile.
Analizza le relazioni umane, usa la macchina da presa con sapienza per creare la suspense esasperata da violini hitchcockiani e con il tono del melodramma ed una recitazione e dialoghi volutamente sopra le righe costruisce un film imperfetto, ma allo stesso tempo coinvolgente che non soffre dei localismi italiani.
Un peccato ma, ciò nonostante, è un film da vedere, consigliato, soprattutto per chi ama l’arte ed il bello. Sergio Rubini ha avuto il coraggio di rischiare anche quando non gli sarebbe convenuto. Un plauso. Giancarlo Leone