Fino al 15 giugno 2008 al Casino dei Principi di Villa Torlonia a Roma, si può visitare l’interessante mostra di uno dei più importanti pittori della scuola figurativa, Carlo Levi (1905-1974). I dipinti del maestro sono 46 e 28 quelli di artisti coevi. Curata da Daniela Fonti con organizzazione Zètema, ha un catalogo Palombi editore. Emilia Dodi
Carlo Levi - Autoritratto
La mostra, intenzionalmente, indaga il rapporto che Carlo Levi ebbe con Roma negli anni dal 1931 al 1950, prima di stabilirvisi definitivamente fino alla morte. Infatti, non sono stati presi in considerazione gli ultimi anni in quanto si voleva esaminare il suo rapporto con l’ambiente intellettuale romano dagli anni ‘20-’30 dello scorso secolo fino alla fine degli anni 1940, e quale ruolo riservare alla città.
Carlo Levi - Autoritratto con basco
Carlo Levi pittore, scrittore ha sempre disgiunto le due attività, pur complementari fra loro; non fu mai uno scrittore che dipingeva, né mai un pittore che scriveva, e questo è necessario tenerlo a mente per comprendere la sua arte. Artista da sempre, come da sempre fu di sinistra. I suoi luoghi deputati furono Torino e quindi Parigi,Firenze e Roma. A Torino l’artista fu inserito nel Gruppo dei sei e questo in mostra si nota in alcune opere del periodo chiarista di ambito di Casorati, come è evidente nella seconda sala al pianterreno nei due nudi femminili e in alcune nature morte. Dal 1921 al 1941 la sua frequentazione parigina è dimostrata dalle opere quali Parigi del 1928 e Tuileries del 1929, ma anche nella Figura del 1930, dove in un certo qual modo, è presente Modigliani.
Carlo Levi - Ritratto di Sele
C’è poi la sala dove viene circoscritto il paesaggio stilistico del primo periodo romano, anni ’30, con le nature morte dove il colore diviene più intenso come quello di Scipione, che si ritrova nel Paesaggio romano con archi in rosso e nelle belle nature morte.
Carlo Levi - Paesaggio romano con archi in rosso
Non si conoscono però del periodo romano, così come di quello parigino , le sue frequentazioni, che sono solo intuibili. Comunque già dalla I° Quadriennale del 1931, dove l’artista fu invitato benchè dissidente e arrestato, si notava un rafforzamento del colore e una maggiore espressività. Molto bella nella sala superiore la parete con le piccole opere del maestro, messe a confronto con quelle di Scialoja, Ferrazzi, Melli, Stradone, Guzzi, Maccari e De Chirico.
Giorgio De Chirico - Palatino
Dopo il 1935 il suo stile si consolida e si rinsalda la sua teoria del naturalismo essenziale, dove teorizza che la sua pittura è comprensibile per la sola via del sentimento. Spedito al confino al tempo della II° Quadriennale, alla quale partecipa comunque, liberato alla celebrazione dell’Impero, con le leggi razziali si reca in Francia e ci resta fino al 1941, rientrando poi a Firenze. Giorgio Amendola lo considerava “ uno dei pochi pittori che hanno dato alla cultura italiana nell’ultimo cinquantennio, un contributo originale fuori dagli schemi obbligati delle correnti”. Particolarmente intensi i suoi ritratti, partendo da quello di Moravia del 1932. E’ un’esposizione che indica il passaggio dal clima novecentesco a quello della seconda guerra mondiale, con riferimento alla profonda esigenza di rinnovamento della cultura artistica italiana. Emilia Dodi