Il cantante nel 1983 proprio a Sanremo aveva presentato il brano L’italiano. Ora guarito dal cancro si ripresenta al Festival con il brano Un falco chiuso in gabbia. Nel 1983 cantava proprio a Sanremo, L' italiano, “Lasciatemi cantare – con la chitarra in mano – Lasciatemi cantare – io sono un italiano”. Oggi quella fierezza e svanita. Toto Cutugno, l’italiano vero, ora racconta l’Italia di ieri e di oggi. Visum ha intervistato il cantante. Giancarlo Leone
Toto Cutugno
Cutugno, cosa e cambiato oggi in Italia rispetto al passato? “Allora c’era il sogno, oggi ci troviamo di fronte ad un Italia povera, senza ideali, con la voglia di apparire che prevarica i valori”. Cosa la preoccupa di più e cosa la indigna? “Le famiglie che non arrivano alla fine del mese. Mi indigna L’ ipocrisia. Tanta gente, pur di arrivare, e capace di dirti una cosa davanti e un’altra dietro”. Che cosa la fa soffrire? “Indubbiamente la violenza, anche nel linguaggio”. Quest’anno è ritornato al Festival e già e sorta la polemica con il giornalista del Corriere della Sera, Mario Luzzato Fegiz. “Mi sono pentito. La sera stessa ho incontrato Mario al ristorante. Ci siamo dati la mano e tutto e finito li” C’è uno spiraglio che vede in questa Italia cosi infelice? “Dobbiamo far sorridere i giovani, amarli, educarli. Una volta la famiglia restava unita per i figli anche se i genitori si odiavano. Era un sacrificio, ma era meglio cosi. Oggi i giovani si sposano, mettono al mondo dei figli e dopo un pò si lasciano. Sono dei veri atti di egoismo”.
Toto Cutugno
Tre concetti per descrivere l Italia di ieri e quella di oggi. “Per quella di ieriPertini presidente partigiano, la moviola, il caffe ristretto. Per l’Italia di oggi Internet, telefonino, prevenzione. Prima c’era la donna con la gonna e il reggicalze. Oggi molto più spesso anche la donna ha i pantaloni”.
Toto Cutugno
E’ appena guarito da un brutto male. Si sente cambiato? “Si. Appena incontro un amico gli dico subito, Tutto bene, hai fatto le analisi. Ho vissuto 4 mesi a letto a fare chemioterapia. Non ho mai mollato, mi sono aggrappato a tutto ed ho trovato Dio, sono diventato più tollerante e più generoso. Ho pensato spesso a mio figlio diciottenne ed ancora si siede sulle mie ginocchia. Dovevo guarire anche per lui”. Giancarlo Leone