A Palazzo di Venezia sono in mostra 41 ceramiche ispano-moresche facenti parte della donazione che l’antiquario Corvisieri donò nel 1930 all’allora Capo del Governo, perfezionata nel 1935, di proprietà del museo, che assomma a 166 pezzi. Curata da Maria Selene Sconci e Paola Torre, ha un catalogo Artemide. Emilia Dodi
Va inizialmente segnalato che le 41 ceramiche ispano-moresche che fanno parte della donazione Corvisieri, sono il numero più cospicuo di questo genere conservato in un museo e quasi totalmente inedite.
Sono di grandissima importanza perchè decorate a lustro conriflessi metallici, tecnica dei quali erano padroni i ceramisti mussulmani che avevano trasferito in Spagna le loro conoscenze. Infatti, i pezzi sono delle fabbriche valenzane, aragonesi e catalane, dove le maestranze mussulmane avevano adottato un particolaretipo di doratura avvalendosi dell’ossido di rame e dell’argento, in quanto la religione mussulmana vietava l’impiego del lustrod’oro. I manufatti venivano cotti ben tre volte e nella terza, che veniva fatta a piccolo fuoco, 650°, in forno in terra refrattaria chiuso, si riducevano gli ossidi allo stato metallico, che s’incorporava alla invetriatura derivando, secondo i composti, coloriture iridescenti simili all’oro.
Gli esemplari in mostra sono straordinari e mettono in evidenza una committenza di alto lignaggio. Naturalmente non ci sono figure, se non rare di animali, mentre sono inseriti segni idomatici astratti da preghiere coraniche. Tutti i pezzi si possono far risalire tra il 1500 e il 1700, mentre il lustro si sa che fu ottenuto dai vetrai siriani e egiziani già nel IX secolo e i ceramisti, acquisendo la tecnica, la diffusero in tutto l’Islam. Fu nel ‘400-500 che questa pratica, impiegando però oro, si diffuse anche in Italia. Molto interessante nel catalogo, la spiegazione della tecnica impiegata per ottenere questi bellissimi pezzi che pochi prima hanno potuto ammirare, se non gli addetti ai lavori. Emilia Dodi