In questo quarto capitolo, per la regia dello stesso
Stallone, John Rambo, vive in pensione al confine tra la
Tailandia e la Birmania, fino a quando, non si vedrà costretto a combattere per
salvare dei missionari in una terribile guerriglia, affrontando di nuovo i
fantasmi del passato. Film difficilissimo da girare, drammatico di pure
azione di 90 minunti avvincenti, in cui lo stesso
Stallone ha dichiarato di aver ricevuto durante la lavorazione,
continue minacce dalla polizia segreta birmana. Alessandro
Gallippi
Silvester Stallone
Se l’anno scorso, vedere Rocky salire sulla
scalinata del Philadelphia Museum Of Art è stato uno dei momenti più emozionanti
per il pubblico della stampa, che applaudiva a più non posso, vedere
John Rambo di nuovo in azione, è stato davvero un impatto
emozionante, malinconico e soprattutto commovente. In una trionfale conferenza
stampa, Stallone ha ricevuto applausi ininterrotti e una schiera di
giornalisti-fan davvero incredibile.
Silvester Stallone in Rambo
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E se i soliti intellettuali snobbano il cinema stalloniano, gli
applausi all’anteprima, parlano da soli. Se Rocky Balboa è stato la
magnifica conclusione di uno splendido viaggio durato trent’anni, grazie al
genio stalloniano che ha donato al suo pubblico un finale equilibrato e
inaspettato, “John Rambo” è la naturale
conclusione di un altro viaggio durato 20 anni.
Gli anni ‘70 aprirono finalmente la questione “Vietnam”, con
pellicole come “M.A.S.H” di Robert Altman e il capolavoro di Hal Hasby
“Tornando a Casa” (1978).
Ma fu nel 1982, che Silvester Stallone, nei
panni di un giovane veterano in cerca di un pacifico reinserimento, avversato ed
emarginato dalla società, gridò al mondo tutta la sofferenza dei reduci
del Vietnam, che tornando a casa, trovarono solo un America dura e ostile.
Con “Rambo” infatti, il tema dell’emarginazione dei
reduci, riuscì ad arrivare in ogni angolo dell’america. Il mondo stava
cambiando, gli anni 80 potevano permettersi qualche riflessione e l’america di
Reagan, era pronta ad incoronare il suo eroe e cosi fu.
In una lontana primavera degli anni ‘80, il Presidente degli
Stati Uniti Ronald Reagan, ex attore e simbolo della vecchia
guardia di Hollywood, premiava l’eroe stalloniano come nuova speranza di un
cinema che di li in poi, divenne simbolo dell’america reganiana.
Quando il genere action stava prendendo la sua strada verso
il successo, prima dell’avvento della tecnologia, la fisicità di
Silvester Stallone era il culto di milioni di fan. Perché
Rambo, era un eroe ferito, forte e allo stesso tempo vulnerabile, duro, ma
sincero, malinconico e fiero dei suoi principi.
Nel 1985George Pan Cosmatos dirige
“Rambo 2”, uno dei maggiori successi degli anni ‘80, febbrile seguito,
che consacrò Stallone come la star più pagata (allora) di
Hollywood. Il ritorno in Vietnam da parte dell’eroe, per salvare dei reduci
ancora prigionieri, si conclude nel monologo finale dove l’attore Stallone,
gridò a tutto il mondo le seguenti parole “….io voglio che il nostro paese
ci ami, quanto noi lo amiamo, ecco quello che voglio”.
Nel 1988 con “Rambo 3” il tema della guerra in
Afghanistan veniva affrontato toccando un altro tasto dolente. In
questo quarto capitolo,John Rambo, vive in pensione al confine tra la
Tailandia e la Birmania, fino a quando, non si vedrà costretto a combattere per
salvare dei missionari in una terribile guerriglia, affrontando di nuovo i
fantasmi del passato. Film difficilissimo da girare, lo stesso
Stallone ha dichiarato di aver ricevuto durante la lavorazione, continue minacce
dalla polizia segreta birmana. La violenza delle scene non è mai
gratuita, e nonostante qualche esagerazione, alla fine tutto risulta
credibile e anche giustificabile. L’intrattenimento è
assicurato, ma anche la narrazione di una storia vera, rendono il film
davvero interessante. In Birmania infatti si combatte la più lunga, la
più datata guerra civile al mondo.
Invece di intitolare “Rocky 6” e “Rambo 4”,
Stallone ha deciso di dare al primo personaggio un
cognome e al secondo un nome. Questo vuol dire che da semplici
personaggi, hanno finalmente un anima, una verità di fondo, un identità. Il
ciclo si chiude, l’ultimo eroe in carne ed ossa, che porta dentro di se il vero
dolore della guerra, attraverso il suo sguardo malinconico e pronto per essere
di nuovo giudicato.
Silvester Stallone con Brigitte Nielsen con l'ex presidente
degli stati uniti Ronald Regan e la moglie Nancy
Rambo torna sullo schermo con il grandioso desiderio di sfidare
di nuovo il sistema, riscattarsi scontando le pene di colpe mai accettate e
conquistando alla fine, dopo oltre 20 anni, la strada di casa. Quella strada
iniziata nella prima inquadratura nel 1982, che lo vedeva in lontananza, su una
strada di campagna, camminare con il sorriso e la speranza di trovare il suo
vecchio compagno d’armi. Ora, il percorso è finito ben tornato a casa
Rambo. Ottimo congedo di un eroe
memorabile. Alessandro Gallippi